I Saluzzesi da sempre amano risalire la val Bronda per una bella mangiata, specialmente quando è tempo di funghi. Merito anche delle buone osterie, che nella valle dei ramasin e del Pelaverga non sono mai mancate. Una di queste piole, sorta proprio sulla curva che immette all’abitato di Brondello, si chiamava la Lanterna. L’avevano aperta nell’aprile 1969, cogliendo il momento favorevole del nascente turismo, madama Lena e parin Gianetu Giordanino. Agli inizi ad aiutare c’era il loro figlio maggiore Ferruccio, con il fratello Celeste e la sorella Bruna. L’osteria della Lanterna ebbe un buon successo, ospitando carovane di buongustai attratti dal cibo succulento e genuino.
E qui comincia la seconda parte della storia, che vede il giovane Ferruccio – mosso dal desiderio di nuove esperienze – intraprendere la strada del commercio ambulante. I mercati pedemontani pullulano di bancarelle e di clienti disposti a spendere. Ferruccio si sposa con Lucia, e mentre gli affari prendono piede arriva il figlioletto Danilo. Sono anni ruggenti. I coniugi Giordanino aprono il negozio di pellicceria in corso Italia a Saluzzo. Il nome è evocativo, “Ferruccio of my heart”: denota animo ardito, nonché la voglia di impresa.
Siamo a metà degli anni Ottanta e l’osteria di Brondello chiude i battenti. Gli altri figli di Lena e Gianetu, Celeste con Rita e Bruna con Delio, decidono a loro volta di scendere a Saluzzo, spostando l’insegna della Lanterna in via Piave.
Gli eventi prendono velocità. Con l’arrivo degli anni ’90 le pellicce, demonizzate dagli animalisti, entrano in crisi e Ferruccio Giordanino, con la moglie Lucia e il figlio Danilo, a un certo punto chiude il negozio e rileva la Trattoria del Borgo a Manta, in fondo a via Garibaldi.
Si tratta di trovare un nome nuovo e accattivante. Ferruccio lo vuole in piemontese e si consulta con l’amico avvocato Manlio Vineis che ha il suggerimento giusto: «Tu porti la barba, chiamala la Piola del Barbon». Detto, fatto.
Sull’onda dell’immediato boom della trattoria mantese, dove Ferruccio seduce con i suoi bolliti e le pantagrueliche portate di selvaggina, inizia la terza parte della nostra storia. Danilo è cresciuto, ha lasciato i sogni di designer delle pellicce, e memore di alcune esperienze alla plonge della Lanterna dove ha lavato piatti e pentole per gli zii, si butta nella frenetica attività della Piola. Impara l’arte e la mette da parte.
La morte improvvisa del padre lo installa a capo dell’azienda. Con mamma Lucia tiene alta la bandiera del locale per quindici anni, ampliando l’offerta gastronomica, nella linea della tradizione.
Il tocco di classe è il carrello dei formaggi, roba fina che nel Marchesato non si era mai vista.
Siamo all’oggi. Alcuni passaggi commerciali portano Danilo Giordanino – a sua volta sposo felice e padre di quattro figli maschi – al ritorno a Saluzzo, in quella via Piave che spegne la lanterna per accendere il mito dei “4 taulin”, ora cresciuti in spazio e accoglienza.
Qui la moglie Simona è la regina dei tajarin; il bollito misto è il piatto forte (tutti i mercoledì a mezzogiorno), come la minestra di trippe (il lunedì), i funghi e i sublimi formaggi. E resta la simpatica abitudine del vino a bicchiere, servito nei magnum da un litro e mezzo.
Il ragazzo disceso dalla val Bronda ha trovato l’approdo.